VI) Uomini e Caporali

Dopo l’anteprima dell’11 Settembre 2011 con Gian Carlo Caselli si è svolta la VI Edizione del Festival per la Legalità:

Parlare di legalità non è affatto semplice. Il rischio è di non rendere bene il significato del principio di legalità. E’ necessario rinnovarne sempre il senso, attualizzarlo al periodo storico e nel territorio in cui viviamo. Per facilitare questo processo a volte è utile l’aiuto di persone che quotidianamente combattono una battaglia per i diritti. Persone che hanno conosciuto da vicino il fenomeno mafioso, lo hanno studiato, e che ne conoscono i suoi effetti più inumani.

E’ quello che è successo a Terlizzi dal 12 al 14 Ottobre, in occasione dell’iniziativa Uomini e Caporali, la VI edizione del Festival per la Legalità organizzato da Città Civile. L’evento, patrocinato dall’Associazione Nazionale Magistrati, Libera e FLAI CGIL ha riscosso un notevole successo, in quanto a partecipazione e contenuti. Infatti, in questa tre giorni svoltasi nella prestigiosa Biblioteca Comunale “Marinelli Giovene”, grazie alla presenza di magistrati, sindacalisti, giornalisti e scrittori sono stati approfonditi tre temi molto attuali e drammaticamente all’ordine del giorno, perlopiù con fatti di sangue.

Il Caporalato. Storie di donne e uomini che muoiono di fatica, 12 ore al giorno sotto il sole per una manciata di euro. Lavorano nei campi di tutta Italia. In Puglia per la raccolta del pomodoro o per l’acinellatura dell’uva. Giovedì 12 Ottobre, in occasione del Festival e con la presentazione del libro Mafia Caporale di Leonardo Palmisano si è sfatato il mito, o il luogo comune, secondo cui il caporalato coinvolge solo gli immigrati. Un dato importante lo ha condiviso Anna Lepore, segretario FLAI CGIL: «Secondo le mappature effettuate sul territorio, in provincia di Bari i lavoratori sfruttati sono per lo più italiani, in quella di Foggia, invece, si concentrano gli immigrati». I fatti ci raccontano quindi che si tratta di un fenomeno trasversale che colpisce sia i migranti che i lavoratori Italiani. Come Paola Clemente, morta nel 2015 a 49 anni in un campo del tarantino, per due euro all’ora.

In questi campi, evidentemente, la legge fa fatica a giungere appena in tempo per salvare la vita di una persona. Gli strumenti in effetti ci sono. La denuncia prima di tutto. “E’ necessario tornare ad avere più fiducia nella giustizia”. Ad affermarlo sono due magistrati, Ettore Cardinali e Lorenzo Gadaletaquest’ultimo è anche Presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati di Bari. I giudici confermano che chi denuncia non viene lasciato solo dallo Stato, che invece concede vantaggi considerevoli come quello di stipulare un contratto di lavoro. Ci sono inoltre esempi lampanti di storie in cui la giustizia ha assicurato anche un “riscatto sociale”: i terreni confiscati e riutilizzati dalle cooperative di Libera ne rappresentano la bandiera.

Le Vittime Innocenti di Mafia in Puglia. Gioacchino Bisceglia era un falegname Terlizzese che, a soli 25 anni, è stato ucciso perché si era ribellato al racket. Lui è uno delle circa mille vittime innocenti di mafia in tutta Italia. A ricordarle quotidianamente è Libera, l’associazione fondata da Don Luigi Ciotti nel 1995. Il 21 Marzo è la Giornata della memoria e dell’Impegno, e nel 2018 si svolgerà a Foggia dove le mafie sono in ascesa sia per numero di vittime che per profitti illeciti. Daniela Marcone, presente al secondo incontro del Festival, è la Vice Presidente di Libera. Lei è anche la figlia di Francesco Marcone, il funzionario responsabile dell’Ufficio del registro di Foggia ucciso nel 1995. Sul suo caso la famiglia attende ancora la verità. Daniela Marcone ha presentato il libro Non a caso (edizioni la meridiana), il libro che racconta alcune storie di vittime pugliesi della mafia. “La mafia non uccide mai per caso. E il ricordo di ognuna delle vittime non può legarsi all’idea che sia accaduto per una pura fatalità” spiega la Marcone.

Ad affiancarla, oltre alla direttrice de la meridiana, Elvira Zaccagnino, c’è stato Sandro Ruotolo, il giornalista oggi sotto scorta per aver ricevuto minacce da Michele Zagaria, boss dei Casalesi, a causa delle sue inchieste sul traffico di rifiuti tossici in Campania. “Non esistono mafie di serie A e mafie di serie B. Esistono le mafie e tutte le mafie sono pericolose soprattutto quando vengono sottovalutate come quella pugliese” spiega il giornalista campano che, in occasione del Festival, ha lanciato un ulteriore messaggio di speranza: “è necessario fare rete per rompere il muro della diffidenza. Indignarsi non basta. Per costruire una società antimafia dobbiamo ripartire dalla cultura, perché la conoscenza rende gli uomini liberi.”

Il caso David Rossi. Il “Suicidio imperfetto” (edizioni Chiarelettere) del Manager del Monte dei Paschi di Siena è il caso mediatico di queste settimane, grazie anche al programma televisivo Le Iene. “Ho paura. Voglio parlare con i magistrati… Aiutatemi! Domani potrebbe già essere troppo tardi!” Le ultime parole di David Rossi. Dalle mail inviate all’amministratore delegato di Mps Fabrizio Viola due giorni prima di morire. Sono queste le “prove” che non convincono sul suicidio. L’altro dato con cui si discute la “tesi del suicidio” è l’unico filmato sequestrato che mostra la dinamica misteriosa della precipitazione dalla finestra della sede centrale di MPS a Siena.

Proprio nella Città del Palio del caso di David Rossi se ne parla costantemente sin da quel tragico 6 Marzo 2013. Davide Vecchi, giornalista de Il Fatto Quotidiano, è una di quelle persone che, insieme ai famigliari di Rossi, chiede verità. Sabato 14 Ottobre insieme ai giornalisti Giuliano Foschini (la Repubblica) e Giovanni Di Benedetto (TgNorba) ha presentato il suo libro inchiesta. Un contenitore di documenti inediti in cui si mettono in fila fatti, perizie, lacune, testimonianze decisive. Il risultato? “Troppe lacune delle indagini” spiega l’autore. “E’ a dir poco insolito distruggere fisicamente alcune prove, che oggi avrebbero potuto produrre dati fondamentali per la risoluzione del caso” è il commento sul processo archiviato, per ben due volte, dai Magistrati di Siena. Il caso David Rossi sembra essere il “classico” giallo italiano, imperfetto e con due vittime: il manager e la verità.

a cura di Tommaso Parisi

 

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