Si è conclusa con «promesse di umanità» la dodicesima edizione del “Festival per la legalità” organizzato dall’associazione “È fatto giorno aps” nell’area agreste di “Alle S.E.R.R.E.”. La presentazione del libro “PARLAMI DENTRO. Oltre il carcere. Lettere di (R)esistenza” si è rivelata un abbraccio caloroso attraverso cui calarsi «nell’inferno degli altri», mostrando empatia nei confronti dei detenuti, quali uomini e donne che possono ricostruirsi mediante l’espiazione della pena.
In controtendenza rispetto all’attuale amaro sentire di massa che vorrebbe «buttare la chiave e far marcire in carcere», l’autrice Marilù Ardillo, ben stimolata dalle domande di Alessandro Cobianchi, direttore del CSV San Nicola di Bari, ha desiderato creare delle connessioni che possano unire in una dimensione comunitaria, con la forma di una sorta di dialogo epistolare totalmente scevro di pregiudizi.
Il progetto è nato dall’idea di raccogliere lettere scritte da persone comuni e rivolte ai reclusi nelle case circondariali senza che si conoscesse l’identità dei condannati. Si è sperimentato, così, un gesto narrativo che, all’apparenza desueto, ha catturato la curiosità: sono, infatti, pervenute tantissime missive che descrivono uno spaccato di società molto ampio. A interloquire, seppure indirettamente, con coloro che vivono situazioni di forti restrizioni sono stati componenti della collettività di età compresa fra i dieci e i novantaquattro anni, di estrazione, orientamenti e provenienza diversi, come, ad esempio, suore, transgender e insegnanti.
«Nel volume sono state messe nero su bianco le riflessioni interiori di una fascia di mondo. Attraverso la scrittura, si è parlato non solo dentro le celle, ma anche dentro se stessi», ha commentato Ardillo, illustrando come la lettera rappresenti un «patto di fiducia» a cui ciascuno scrivente affida la propria finestra di esistenza. «La stesura di una epistola rappresenta un atto intimo di donarsi in piena libertà. Peraltro si tratta di un’azione unilaterale, poiché non è detto che si riceva una risposta».
Il testo è destinato innanzitutto agli “ospiti” degli istituti penitenziari, ma può essere acquistato, e magari regalato, per diffondere a quanti più soggetti possibili il verbo per cui il reo non può essere considerato soltanto come un «reato che cammina». Il ricavato delle vendite sarà devoluto in beneficenza per proseguire, tra l’altro, anche con i progetti educativi della Fondazione Vincenzo Casillo, in modo da rammentare sempre che «varcare la porta del carcere non deve far dimenticare che lì dentro ci sono delle persone che esistono».
Si tratta, dunque, di un’opera corale che sollecita dei palpiti emotivi. Per la selezione delle centinaia di lettere spedite, Ardillo ha spiegato che sono state pubblicate quelle che risultano «più universali e più chiare possibili», dimodoché il loro messaggio di solidarietà possa giungere a quanti più lettori. Diversamente dai costumi odierni in cui si è soliti registrare dei video brevi e talvolta sfacciati da divulgare sui social network, la lettera, al contrario, custodisce un pudore silenzioso che asseconda i ritmi lenti della reclusione.
«Tu al momento sei recluso, ma ti auguro che il tuo cuore rimanga aperto. Trova il tuo senso; esiste un senso in ciascuna vita. Non si è mai in ritardo per cercare il bene per se stessi. Gli errori non definiscono le persone in maniera definitiva: conta pure quello che le persone fanno dopo gli sbagli, finanche quelli più grossi», sono soltanto alcuni degli stralci epistolari interpretati dall’attore Michele Altamura che con una lettura cristallina ha dato voce all’inchiostro che solca le pagine redatte da un gruppo di cuori e menti che si è speso per il prossimo, seppure sconosciuto, in un’ottica di solidarietà e supporto affettivo.
Si auspica, dunque, che la permanenza in carcere attivi in ogni individuo un processo di elaborazione, cosicché il buio dietro le sbarre possa trasformarsi in una risorsa: la presa di consapevolezza dei misfatti commessi può indurre il soggetto, attraverso un adeguato percorso di rieducazione, ad assumere condotte sane e oneste una volta rilasciato nella società civile.
Il libro è uno spiraglio che restituisce tenerezza e fiducia a corpi e anime che talvolta sono stati segnati dalla depravazione, ma che in fondo aspirano a essere ascoltati e riconosciuti come essere umani. La formula impiegata dall’Ardillo si è diffusa nel contesto italiano, tanto che la casella di posta elettronica continua ancora oggi a ricevere delle lettere. «È mia intenzione che questo libro viva. Ravviso la magia del contatto che si può allargare esponenzialmente».